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Diventare freelance in Italia è semplice. L’apertura di una p.iva è il primo passo. Aprire una p.iva del resto non costa nulla, bisogna recarsi presso il proprio commercialista o di persona all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate di competenza nella vostra provincia/città nella quale risiedete.

Come diventare freelance in Italia, regime minimi

L’agevole procedura d’apertura non è esattamente in linea con tutta una serie di farraginose questioni che il libero professionista o l’imprenditore dovrà poi affrontare per il mantenimento della sua posizione fiscale e dunque della sua attività commerciale, vediamone alcune.

Come diventare freelance sta diventando una delle tematiche più discusse sul web. Articoli, blog di settore, e anche autorevoli firme incoraggiano i giovani in Italia a prendere in considerazione l’eventualità che un posto fisso non è più un obiettivo troppo credibile da percorrere, bensì un momento transitorio di una carriera, che appunto non ammette altro che un’estrema flessibilità per quanto riguarda il posto di lavoro.

Accade che fioriscano e abbondino le p.iva. C’è chi sceglie la strada della libera professione, chi invece, per requisiti e per diciamo determinate altre questioni che spiegherò dopo, sceglie la strada dell’imprenditoria, dunque aprendo una ditta individuale. Sia chiaro, queste due tipologie di lavoratore freelance non sono le uniche possibili, ma sono generalmente il primo passo per chi intende lavorare in proprio, stiamo sempre parlando del regime dei minimi badate bene.

Diventare Freelance: Differenze tra Libero Professionista e Ditta Individuale

Un libero professionista nel settore del digital (Web Designer, Web Marketing Specialist ecc) spesso prende in considerazione la libera professione. Ha dei vantaggi quest’opzione? Sì qualche vantaggio esiste per davvero se consideriamo i bassissimi stipendi delle agenzie italiane…

1) Paghi di tasse in rapporto a quanto effettivamente guadagni

2) L’unica vera e propria tassa è il 5% di IRPEF, le altre sono imposte INPS (27,72%) , peraltro tutto (o quasi) deducibile in base ai costi della propria attività, con limitazioni in questo caso purtroppo molto strette, che non sto qui ad approfondire…

Altra cosa è l’imprenditore, che di fatto viene considerato tale, se, svolge un’attività prevalentemente legata alla produzione o commercializzazione di un bene e/o di un servizio attraverso un’organizzazione costituita. Questa figura (ex art 2082 cc) è nei ‘minimi’ leggermente più avvantaggiata per quanto riguarda i contributi previdenziali anche se è costretto a sopportare un piccolo sacrificio in più: perché per poter esercitare la sua attività è tenuto ad un versamento obbligatorio annuale per quanto riguarda la stessa imposta previdenziale.

1) L’imprenditore infatti è obbligato ad un versamento di euro 2.880 euro fissi annuali come contributo previdenziale, ma beneficia di un’aliquota inferiore per quanto riguarda un fatturato superiore ai 14.000 euro,  l’aliquota INPS della differenza di quanto ricavato è infatti pari al 20% e non come nel caso del professionista pari al 27,72%.

2) In un certo qual senso, minimi o non minimi, essere per così dire ‘imprenditori’, anche se si tratta di ditta individuale, nel settore del digital marketing/web design, ecc… è talvolta vantaggioso, vantaggioso solo se si sa per certo che si supera in un anno in termini di fatturato almeno i 14.000 euro. In realtà, calcolatrice alla mano, è vantaggioso soltanto nei casi, sempre regime dei minimi, nei quali il freelance riesce a fatturare mensilmente circa 2.000 euro al mese!

Regime dei minimi: meglio libero professionista oppure ditta individuale per chi si occupa di Web Marketing?

Morale della favola, anche se si tratta di ‘minimi’ purtroppo i problemi abbondano.

Diventare Freelance in Italia e le “strane idee del Jobs Act”

La famosa “proroga” ha salvato tutti coloro che possiedono il regime dei minimi ex D.L.   6 /7 / 11   n°98 art.27 i quali sarebbero dovuti ad andare in contro ad una manovra altamente discutibile del governo che prevedeva tutto questo:

– Non esiste più il massimale di fatturato commisurato in euro 30.000, d’ora in avanti sarà di euro 60.000.

– L’aliquota del 5% IRPEF valevole sia per le imprese individuali che per i liberi professionisti, aumenta fino a diventare del 15%

– Tutti coloro che hanno aperto una p.iva (libero professionista o ditta inviduale) entro il dicembre del 2014, possono beneficiare del ‘Regime dei Minimi vecchio stampo’ fino al 31 dicembre del 2015

La “proroga” ha ridato fiato ai freelance in Italia, non rendendo efficace quanto detto. 

 

Conclusioni: Diventare Freelance in Italia

Se facciamo un rapido calcolo, con la vecchia formula dei minimi essere freelance in Italia avrebbe senso qualora vengano rispettate due condizioni fondamentali:

– al di là del rapporto di collaborazione e quindi della precarietà della situazione, se il libero professionista, oppure la ditta individuale, a fronte comunque di una certa ‘dipendenza’ con alcuni ‘datori di lavoro’ (committenti) riesce in maniera reale ad ottenere una certa autonomia e un giusto compenso allora l’essere freelance con una tassazione (qui sopra elencata) tutto sommato ‘bassa’  ha senso.

– Il vecchio regime dei minimi (Sottolineiamo ancora in voga grazie alla “proroga”)  porta comunque un certo beneficio ad alcuni lavoratori, perché di fatto, pur tenendo ‘alto’ il contributo previdenziale, tiene  molto bassa la tassa vera e propria che pesa sul contribuente, ovverosia il 5% di IRPEF. Incoraggiati così dalla possibilità di detrarre le spese attinenti all’attività imprenditoriale su tutta l’imposizione fiscale (IRPEF + INPS)  se il freelance riesce (entro i lmiti di legge) a lavorare bene sullo ‘scarico’ allora sì,  ha senso in certi casi essere freelance in Italia.

Lavoro Dipendente e essere Freelance in Italia

Capitolo molto delicato questo. Non vi è nessuna norma che vieta il protrarsi di due situazioni del genere che vivano dunque in parallelo. Io posso essere dipendente dell’azienda X e al tempo stesso avere una p.iva dei minimi come libero professionista e/o come ditta individuale.

Benefici Contributi previdenziali

Cosa accade dunque? Ci sono grossi benefici in questo caso (sì assurdo, se lavori in proprio totalmente in Italia non hai di questi benefici) se infatti dimostri al fisco di ricevere, mettiamo caso uno stipendio di 1000 euro dall’azienda X per la quale lavori e sei dipendente e la tua attività in proprio ti fa ricavare, mensilmente, mettiamo euro 400, questi ultimi in pratica non ti verranno tassati in relazione al contributo previdenziale!

Insomma fatevi due conti. Il regime dei minimi ha senso, solo e soltanto in due casi:

  • ditta individuale che riesce a fatturare costantemente 30.000 euro all’anno
  • lavoratore dipendente che riesce nel tempo libero a ritagliarsi uno spazio per una micro attività, svolta sia in ambito imprenditoriale che da libero professionista

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